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Rapina

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Rapina (disambigua).
Disambiguazione – "Rapinatore" rimanda qui. Se stai cercando il personaggio dei fumetti, vedi Rapinatore (personaggio).

La rapina, nel diritto penale italiano, è il delitto previsto dall'art. 628 c.p.. Tale articolo delinea due figure di rapina, la rapina propria se la violenza è mezzo per ottenere l'impossessamento, rapina impropria se invece serve a mantenere il possesso o ad assicurare a sé o ad altri l'impunità.

Delitto di
Rapina
FonteCodice penale italiano
Libro II, Titolo XIII, Capo I
Disposizioniart. 628
Competenza
Procedibilitàd'ufficio
Arrestoobbligatorio
Fermoconsentito
Penareclusione da 4 a 10 anni e multa da 927 a 2500 euro(primo comma); da 6 a 20 anni e multa da 2000 a 4000 euro (terzo comma); da 7 a 20 anni e multa da 2500 a 4000 euro (quarto comma)

Storia

Nel diritto romano un editto del pretore Lucullo (76 a.C.) istituì un'azione da esperire entro l'anno per il quadruplo del valore dei danni provocati e delle cose asportate in caso di rapina.
L'editto non riguardava soltanto le bona vi rapta commessi da bande di schiavi, ma anche quanti avessero organizzato attruppamenti di uomini sia quanti avessero solo istigato violenza, nonché la persona singola che avesse direttamente commesso la rapina. Autonoma configurazione ebbe così l’actio vi bonorum raptorum (per il quadruplo entro l'anno, per il simplum dopo in ogni caso infamante; con Giustiniano diventa mista a un tempo).

Prima dell'editto del pretore non si trattava di un furtum manifestum, sicché dal punto di vista del furtum essa sarebbe stata perseguita con la pena del doppio. Con l'editto luculliano la rapina fu invece sanzionata come il furtum manifestum.

Caratteristiche

  • è un reato plurioffensivo poiché vengono a essere lesi sia l'incolumità personale sia l'integrita del patrimonio.
  • è un reato complesso ex art. 84 c.p. i cui elementi costitutivi sono il furto (art. 624 c.p.) e la violenza privata (art. 610 c.p.) che rimane assorbita nella rapina purché la violenza non si concretizzi in un fatto più grave come, ad esempio, le lesioni personali.

Elemento soggettivo

L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo specifico, cioè la coscienza e volontà del fatto tipico accompagnato dal fine di perseguire un ingiusto profitto, che ricorre ogni qualvolta la pretesa economica che il soggetto attivo persegue non riceva alcuna tutela dall'ordinamento giuridico. In caso contrario non si verrebbe a configurare il reato di rapina bensì il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone ex art. 393 c.p. ovvero violenza privata ex art. 610 c.p.

Momento consumativo

Il momento consumativo del reato è identificabile con quello dell'impossessamento del bene, impossessamento che deve essere compiuto dal soggetto agente con le proprie mani, ossia con atto materialmente volto a entrare nel possesso del bene oggetto del reato poiché, se la cosa fosse semplicemente consegnata all'aggressore da parte del soggetto passivo tale fattispecie potrebbe essere ricondotta all'estorsione, regolata dall'art. 629 c.p.

Dottrina e giurisprudenza oggi dominanti ritengono che la differenza tra queste due figure di reato non risieda nelle modalità di consegna del bene, quanto nel fatto che in capo alla vittima possa esistere una facoltà di scelta in merito alla stessa. In particolare si avrà rapina e non estorsione qualora il soggetto passivo del reato si trovi nella piena soggezione del suo oppressore. Soggezione che sfocerà in una impossibilità di scelta fra il male minacciato e la consegna della cosa.

Tentativo

Il tentativo è configurabile in tutte quelle ipotesi in cui pur esercitandosi la violenza non si riesce a impossessarsi della cosa mobile o qualora, compiuta la sottrazione, si tenti di utilizzare violenza o minaccia al fine di conseguire l'impunità. La norma, dunque, lascia trasparire due differenti forme di rapina: quella cosiddetta propria in cui la violenza o minaccia precedano l'impossessamento e la cosiddetta impropria in cui la violenza o minaccia siano successive all'impossessamento e siano finalizzate a conseguire l'impunità.

Circostanze aggravanti

Appartenenza a un'associazione di tipo mafioso

Se l'agente è membro di un'associazione di tipo mafioso la pena è aumentata al fine di reprimere il fenomeno della criminalità organizzata.

Il comma terzo dell'art. 628 c.p., prevede circostanze aggravanti a effetto speciale. La prima ipotesi, al n. 1 del comma 3, è afferente alla "violenza o minaccia commessa con armi". La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ha sancito che il semplice uso o porto di un'arma giocattolo, (priva del tappo rosso) assume rilevanza penale solo se mediante esso si realizzi un reato del quale rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante. La seconda ipotesi si verifica quando la violenza o minaccia è "commessa da persona travisata". L'ultima delle ipotesi è quella della "violenza o minaccia commessa da più persone riunite".

Bibliografia

  • Silvia Calzolari, Daniele Veratti. Manuale Antirapina. Sicurezza Urbana e tecniche di prevenzione. Sassoscritto, Firenze, 2007
  • Klaus Schönberger (cur.). La rapina in banca. Storia. Teoria. Pratica. Derive Approdi, Roma, 2003

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